La “leggenda” del lago di Mosigo

COME UN TESORO SI TRA SFORMÒ IN ALGHE

Alcuni decenni fa, nei nostri paesi di montagna i bambini giocavano a costruire le dighe nei ruscelli e imparavano subito che per ottenere qualche risultato il materiale da usare doveva avere caratteristiche di impermeabilità. Gli stessi, durante l’estate, partecipavano attivamente al lavoro di sfalcio dei prati ed era loro prerogativa recarsi alle sorgenti ad attingere l’acqua. Ovviamente la fonte non era la fontana del paese o il rubinetto di casa e necessitava di continua manutenzione. Per questo gli adulti non si stancavano di raccomandare che di fronte alle polle fosse usata la massima cautela altrimenti l’acqua trovava un’altra strada. Analoga attenzione doveva ricevere ogni presa degli acquedotti: l’esperienza secolare aveva insegnato ed era ormai diventata cultura. A chi aveva pensato alla realizzazione del lago di Mosigo va certamente riconosciuta notevole lungimiranza, ma anche cultura di montagna.
Infatti era stata prestata grande attenzione alle sorgenti che lo alimentavano, tanto che per quasi tutto l’anno erano, da sole, in grado di garantire il ricambio dell’acqua; solo occasionalmente si ricorreva a un’ alimentazione forzata dal Boite, usando la ruoia del mulino e la segheria dei Perute. Il fondo melmoso conteneva l’acqua e solo nel periodo di massimo calore estivo emergevano alghe che erano certo un problema estetico ma anche il prezzo da pagare per avere uno specchio alpino presentabile, al punto di essere fotograficamente usato dall’Atlante De Agostini – Novara – del 1961, come esempio di lago alpino artificiale. Ma poi il lago di Mosigo divenne fonte di guadagno, così arrivarono i cervelloni che….

continua sul numero di Marzo 2013