Comune unico in Valboite? Parola ai Sindaci

Vocazione al martirio. E’ la definizione che qualcuno dà della spinta che porta a candidarsi comeprimo cittadino di un Comune. Esagerazione? Può darsi; di fatto, il mestiere di sindaco è sempre difficile e paradossalmente sembra complicarsi ancora di più in proporzione inversa alla dimensione del Comune:
più piccolo è il contesto e meno, in certi casi, si riesce ad arrivare a capo delle difficoltà. Perché lì il rapporto con problemi e persone è diretto e più problematico: il sindaco ha un nome e un volto noti a tutti, diventa necessariamente immediato punto di riferimento di responsabilità e questioni irrisolte. E poi ci sono il legislatore, che ci mette del suo, spesso con superficialità e inefficacia, o le difficoltà di interlocuzione coi livelli superiori a rendergli la vita molto più difficile di quanto già lo sia per via della crisi economica e di quelle casse comunali preda di ragnatele sempre più fitte.
Per fare il sindaco occorrono, insomma, delle doti speciali che però non tutti hanno o, pur avendole, non hanno il coraggio di mettere al servizio della comunità: capacità di ascolto, pazienza, simpatia, empatia, carisma, senso pratico, intuito, intraprendenza, capacità organizzative, attitudine al comando e alla sintesi, dedizione, amore per il paese e, forse, un tantinello di ambizione: non certo quei compensi da capogiro, che, per venire a noi, vanno dai 700-800 di Borca e Vodo, ai 1000 euro che impinguano mensilmente il portafoglio del sindaco di San Vito. Ma, soprattutto, occorre avere un progetto, un’idea, la propria idea di comunità… continua

di Giorgio Torri e Sabrina Menegus